venerdì 5 febbraio 2010

Favola da raccontare ai figli.

Premessa: non sono fatto, sono perfettamente lucido. Solo che sto aspettando che la cena sia pronta, quindi beccatevi questo...

TIM, IL GIAPPONESE MONOPALLA


C'erano otto case in fila, una dopo l'altra. Tim le guardava, e non riusciva a capacitarsi del fatto. Perchè otto case e poi il nulla?
Quella zona di Benwood risultava davvero inquietante agli occhi di un giovane quattordicenne. Un deserto di ghiaia perpetuamente accarezzato da una leggera brezza fredda come la morte, che faceva trasalire chiunque si trovasse da quelle parti. Deserto, il nulla, e otto case in fila dove abitavano normalissime famiglie medio borghesi. Tim adorava andare da quelle parti, respirare quell'aria gelida, quasi pura. Stava seduto per terra con le gambe incrociate e un blocco da disegno poggiato su di esse. Ma non c'era molto da raffigurare in quel panorama desolato, se non le otto case, che Tim non provò mai a riprodurre su carta. Eppure disegnava, e diceva che ciò che rappresentava era proprio quello che i suoi occhi vedevano. Scettico il suo professore d'inglese, il signor Brian Orkney, decise un giorno di dare un'occhiata ai disegni del giovane. Ritraevano corpi nudi che si dimenavano tra le fiamme dell'inferno mentre un robot gigante faceva un barbecue in compagnia di formose ragazze in top less.
Il professore non capiva.
Prese la sua mazza da baseball e con essa diede fuoco ai disegni di Tim.
Il ragazzo, di origini giapponesi, si arrabbiò moltissimo e disse al professore che lo odiava e scappò via.
Torno in quella zona di Benwood, quel deserto con otto case.
Bussò alla quarta porta.
Aprì un vecchio signore, sulla settantina, con un cappello da cow boy in testa.
"Figliolo" disse "che ci fai qui in questo posto a quest'ora con questo freddo? Lo sai che non è bene che i bambini come te vadano in giro da queste parti, e poi cosa diavolo vuoi da me, perchè hai bussato alla mia porta?"
Tim, con lo sguardo fisso sugli occhi del vecchietto, rispose con tono sermonile: "Lei finirà all'inferno".
Il vecchio allora, adirato, non esitò a rispondere: "Brutto muso giallo di merda, ti accolgo nel mio paese e che cazzo fai? Vieni da me a rompermi le palle dicendomi che me ne andrò all'inferno. Io quegli occhi a mandorla te li cavo!".
Prese l'ombrello e uscì di casa fischiettando una canzoncina popolare afghana.
Tim rimase deluso dal comportamento del vecchietto, e cominciò a piangere. Poi cominciò a ridere.
Poi riprese a piangere.
Pietro, il cane di John il fattorino, passava da quelle parti. Aveva in bocca una piccola quaglia, l'aveva appena ammazzata. Vide il piccolo Tim che piangeva, così per cercare di alleggerire la situazione andò da lui, posò la quaglia esanime accanto ai suoi piedi, e cominciò a ballare su due zampe, allargando le zampette anteriori e tirando su il musetto.
Tim, che non sopportava i cani, gli diede un calcio nelle palle e andò dal suo amico Salamandra, che nel frattempo si stava fumando una canna.
Fumarono insieme Tim e Salamandra.
Ah Salamandra, lui sì che era una gran personalità tra la gioventù di Benwood.
Mentre Salamandra si era chiuso in bagno con la scusa di doversi togliere una ciglia che gli procurava dolore (in realtà doveva urinare), Tim si grattò le palle, a pelle. Purtroppo non si era tagliato le unghie, e con l'indice raschiò troppo forte spellando letteralemente la parte destra dello scroto. Una palla cadde per terra.
Dolore insopportabile.
Urlando, prese un reggiseno e lo indossò. Così andava molto meglio.
Prese il testicolo caduto e lo mise in una scatolina d'argento, così uscì di casa salutando i genitori di Salamandra e, dopo averli ringraziati per la loro cordialità, tornò a casa dai suoi genitori cinesi.
Lui era giapponese ma i genitori erano cinesi, per chi se lo fosse domandato.
A casa il padre stava insegnando il karate alla wii al fratello minore di Tim, Tom. La madre frattanto si stava cimentando in cucina con un avocado, il quale le spiegò perchè non fosse conveniente querelare il signor Reynolds (in pratica per via dei suoi potenti agganci con la malavita scozzese).
Lei non gli diede retta, lo tagliò a fettine e ci fece un'insalatona, ma grande grande grande, con noci pere mozzarelle e pomodori.
A cena erano tutti contenti, anche Tim, il quale teneva in tasca la scatoletta d'argento contenente il suo testicolo ormai inesorabilmente staccatosi dal suo corpo.
Risero, risero tantissimo. Poi guardarono una partita di Melball alla televisione, ed infine stanchi andarono tutti a dormire.

La loro casa prese fuoco nella notte. Un giovane fanatico di Hitler disse che l'alleanza coi cinesi fu la condanna a morte per la grande Germania nazista. A nulla valsero gli interventi del signor Hoffmann e di James la tartaruga: ogni volta che loro correggevano la sua strampalata teoria dicendo che Hitler si alleò con i giapponesi e non con i cinesi, il giovane neonazista rispondeva seccato: "Cinesi, giapponesi, messicani, peruviani... non importa. Sono tutti musi gialli".
Così morì Tim, vittima dell'attentato di uno squilibrato, vittima della società moderna sempre più propensa ad accettare teorie di tipo razzista o giù di lì. Ma una cosa Tim ce l'ha lasciata, una sola cosa che dovrebbe far riflettere l'intera umanità. Il suo testicolo non prese fuoco poichè protetto dall'argento, che a quanto pare sì rivelò ignifugo, dettando lo stupore generale.
Il suo testicolo ora è conservato in salamoia presso il frigo della signora Cingolani, chi volesse andare a vedere la reliquia per far sì che certe storie non vengano dimenticate, farebbe bene a chiedere al vecchio fattore di Lilspool, il signor Weddish, dove abiti la signora Cingolani. Quel vecchio pederasta vi darà la risposta.

Questo racconto è dedicato a tutti i giudei del mondo, ingiustamente perseguitati da migliaia di anni. Poverini.
Ed è anche dedicato ai nazisti, la forza delle loro idee vivrà per sempre nelle eccelse menti di pochi cerebrolesi di merda.

Insomma è un racconto che vuole far riflettere. Siamo tutti figli di DIO (il gigante invisibile che quando lo chiami non risponde ma che comunque esiste) e non dovremmo ucciderci, visto che siamo tutti fratelli essendo figli di DIO (il gigante invisibile che quando lo preghi affinchè passi l'autobus ti offre in omaggio un acquazzone letale per i bronchi).

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