mercoledì 18 novembre 2009

Gli Abbracci Spezzati

Non date troppo credito a ciò che segue, grazie. Nel senso, non ho la presunzione di dire di aver scritto una recensione, punto primo perchè il film è inserito in un contesto puramente narrativo, punto secondo perchè sono di parte, punto terzo perchè l'analisi non è molto curata. Bella.

Martedì 17 Novembre, sono le otto di sera e chiacchiero con due miei amici davanti al cinema. Stiamo per entrare, dobbiamo vedere l'ultimo film di Almodovar. Io non mi sento tanto bene: la gola mi fa malissimo e brividi sparsi in tutto il corpo preannunciano l'alzarsi della temperatura corporea. Oltretutto il carico da novanta me lo danno proprio loro, i miei amici, dicendomi che arriverà a breve la mia ex con delle sue amiche. Avremmo dovuto vedere il film assieme a loro. Io non avevo alcuna voglia di vedere la mia ex, non in quanto tale ma in quanto persona a me poco gradita in quel preciso istante, e soprattutto le sue amiche, che se fossero state belle ed interessanti non avrei mai potuto approcciare viste le mie pessime condizioni fisiche. Fossero state invece brutte sarebbe stato comunque un dispiacere per i miei occhi avidi di bellezza e di armonia trovarsi di fronte uno spettacolo non esaltante. Così, col sapore di morte in bocca, i brividi che mi lacerano le ossa, e l'insostenibile noia nel dover vedere persone che non voglio vedere, mi accingo a pagare i tre biglietti d'ingresso con la mia bella banconota da 100 euro.
Dopo poco arrivano Lorenza e le sue amiche, che poi sono tutt'altro che amiche visto che hanno la barba. Insomma, va bene che non voglio vedere ragazze, ma tantomeno voglio vedere dei ragazzi che hanno appena terminato una lezione di filosofia. Quasi del tutto rassegnato all'ineluttabile pesantezza degli eventi che incombono su noi poveri esseri umani mi reco all'interno della sala per vedere questo benedetto film. Speriamo sia un bel film.
Ore dieci e venti. Il film è finito. Dopo aver constatato l'ora mi stupisco che il film sia durato solo due ore, pensavo di essere stato dentro quella sala almeno tre ore. Il film non m'è piaciuto: banale, noioso e surreale nel senso negativo del termine. C'è una che gli sta morendo il padre, allora arriva il suo datore di lavoro che fa in modo che il padre riceva le migliori cure possibili. Lei in cambio se lo scopa con una certa regolarità, e diventano a tutti gli effetti una coppia di fatto. Lei non fa un cazzo dalla mattina alla sera, e le dispiace perchè vorrebbe fare l'attrice. Allora va a fare un provino da un tizio che le da la parte solo perchè è fica. Cominciano le riprese e si capisce che i due si piacciono reciprocamente, e l'uomo della mignotta manda il figlio sul set affinchè riprenda tutto e gli porti il materiale, insomma vuole che spii la sua donna. Per i primi tempi attrice e regista scopano senza problemi, ma a un certo punto vengono scoperti e scappano perchè il tizio ricco, l'uomo della mignotta, rosica e ammazza di botte la sua donna. Insomma questi scappano e se ne vanno in un posto non meglio specificato, al mare. Un bel giorno fanno un incidente e lei muore, mentre lui, il regista, diventa cieco.
Tutto questo è un flashback che racconta il regista ormai ceco ad un ragazzo, il figlio della sua agente. Poi gli ultimi dieci minuti del film non ve li racconto; non tanto perchè rischierei di rovinarvi il finale, quanto perchè ho impostato il discorso in una certa maniera e non riesco a terminarlo se non lasciando perdere il prosieguo. Per carità, dei colpi di scena ci sono ma sono del tutto insignificanti e recitati perdipiù malissimo. Al fine della fiera non contano un cazzo.
Insomma, un film privo di contenuti e di "hype". Le uniche cose belle sono le riprese, il montaggio e la fotografia. Ma sono di un bello che non interessa, almeno personalmente. Il bello fine a sè stesso non conta nulla. Scene bellissime montate divinamente che guardi e dici: "però, bello". E poi? Nulla. Ho provato la stessa sensazione che provai ascoltando l'omonimo degli Emerson Lake & Palmer. Bravi, bravissimi, fenomenali, ma cosa mi volete dimostrare? Quanto siete bravi? Ecco. La stessa cosa mi ha lasciato questo film di Almodòvar. Sì Pedro, sei bravo, contento? Ora vai a giocare con gli amici, ti chiamo quando è pronta la pappa. Se sei così insicuro non darti al cinema figlio mio, ma ad una bella terapia di gruppo.
Fuori dal cinema discuto animatamente con Lorenza riguardo a questo film, visto che a lei è piaciuto tantissimo. Non mi capacito del fatto che ad una persona intelligente possa piacere un film del genere.
Ad un certo punto la situazione si fa piuttosto calda tra di noi, ed io comincio a dire frasi senza senso vista la febbre che stava salendo inesorabilmente, così decidiamo di separarci. Mi bevo una birra con i miei due amici, mi ascolto tutto Wish You Were Here dei Pink Floyd saggiamente messo in casse dal barista, e concludo la serata a casa mia, con una bella tachipirina.

Voto per il film: su cinque, je do du' pallette.

Stefeno.

P.S.: nonostante quegli eventi avversi, ho passato un'ottima serata con il buon Luca ed il buon Riccardo, e per questo vorrei ringraziarli.

venerdì 13 novembre 2009

Un uomo, un fallimento

Mi ammazzo.
Questa è la sentita decisione che ho preso dopo una lunga e seria riflessione sulla mia vita e su come gira il mondo in generale. Non c'è davvero più nulla che io riesca a fare per tirare avanti, perchè in queste condizioni non si può. Sono un inetto, uno sfigato, faccio pena e compassione a me stesso, non me ne frega degli altri, sennò non avrei sicuramente scelto la via del suicidio. Certo che la decisione è sofferta: la mia famiglia, i miei amici e... basta, nient'altro. Non vedo opportunità in questo futuro, non vedo luce, non vedo sbocchi verso la felicità. E sono stanco di andare avanti, sono stanco di spaccarmi i neuroni cercando un pensiero positivo che non riesce mai a presentarsi come tale. L'ho trovata, in un cassonetto, la scorsa settimana, mentre buttavo l'immondizia. Non so che pistola sia, so che è una pistola, e credo d'aver capito come funziona. C'è un solo proiettile, mi basta caricare con la levetta che sta là dietro e premere il grilletto. Bang! O click. Dipende se il proiettile è in canna o meno. Ma non voglio giocare alla roulette russa, non mi sento in vena. Voglio morire e basta, la pallottola la preparo subito.
Certo che me la ricordavo meno pesante questa pistola, mamma mia. E se il rinculo devia il proiettile e non muoio ma mi ferisco gravemente? Magari vivrò per tutta la vita come un vegetale. No. Non voglio vivere come un vegetale, voglio morire.
Certo che il mio ultimo pasto è stata una cotoletta cotta pure male da mia sorella.
E l'ultima sigaretta non è che me la sia goduta poi così tanto.
Oltretutto debbo pure dare una fotocopia ad un'amica. Le serve per l'università poverina, come farà senza?
Non credo sia il momento giusto per suicidarmi.
Però prima o poi lo farò, lo giuro. Su di me.
Ora porto giù Arturo che deve fare cacca e pipì, se non ci fossi io non so come farebbe.

giovedì 12 novembre 2009

Mattinata di sole

Stamane è successo un fatto davvero strano, una cosa che non credo mi sia mai capitata in vita mia. O se m'è capitata me la sono certamente dimenticata, o in alternativa ero troppo piccolo per potermelo ricordare. Mi sono svegliato felice. Non lo so perchè, tutto sta assumendo una bella piega ai miei occhi. Le nuvole le vedo lontane dalla mia finestra, dietro le montagne, e l'azzurro del cielo mi sta inondando di tutta la sua beneficenza. Sì, quando ero più piccolo era sempre così ora che ci penso. Quando avevo cominciato a scoprire quel fantastico mondo che è la musica, quando avevo visto che le ragazze potevano essere più che cavie per i miei esperimenti sull'infiammabilità dei capelli. Mi sono alzato dal letto ed ho preso un disco dalla libreria, Rumours dei Fleetwood Mac. Lo inserisco nello stereo e metto subito la quinta canzone, Go Your Own Way. Quella sì che è la canzone pop definitiva degli anni '70. Vedo la mia Cadillac arrugginita che corre libera per qualche squallida statale del centro america, mentre ai lati mi si parano squallide tavole calde e squallidi bar frequentati assiduamente da squallidi vecchi repubblicani amanti delle proprie famiglie. La canzone comincia: "Loving you, isn't the right thing to do...", ed io mi appresto a preparare il caffè. Una volta salito, e versato nella tazza col latte, la canzone finisce, ma avevo impostato il loop e riparte immediatamente. Ah che colazione fantastica, che magnifica giornata che mi si prospetta! Se un dio esiste sta tutto nel tabacco che mi sono fumato subito dopo aver fatto colazione. Com'è difficile in questo momento credere in qualcosa di superiore!
Torno in camera con la bocca che è un misto di sapori: caffèlatte, biscotti, tabacco, e mi piace. Mi giro verso la mia libreria. Com'è bella, nessuno ne ha una tanto bella. I libri dell'università in alto, i vocabolari di italiano, latino, greco ed inglese nel ripiano subito sotto. Poi parte la sezione dischi, molto ben nutrita nonostante sono mesi che non compri un disco. E poi ancora sotto ci sono i miei libri, quelli che ho cercato e che ho letto e che ho amato: tutta la collezione di John Fante, qualche libro di Bukowski, George Orwell, Milan Kundera, Stefano Benni, James Joyce, Ernest Hemingway e tanti altri. A sinistra ci sono il ripiano fumetti, che non leggo da davvero troppo tempo e me ne dispiaccio, il ripiano cassette (odio i dvd, la cassetta ha quel carattere vintage che rende il film molto più intimo e in un certo senso più vero poichè dentro la cassetta c'è una pellicola, il dvd non ho la più pallida idea invece di cosa nasconda al suo interno). Ancora più sotto ci sono i libri del liceo, che ogni tanto sfoglio, per ricordare. Ogni volta penso di aver buttato i miei cinque anni di liceo, mi sono comportato come un buono a nulla, ho studiato davvero troppo poco. Apro il libro di filosofia del secondo liceo. Che palle la filosofia del secondo liceo: Bruno, Cartesio, Leibniz, Spinoza. Li odiavo, per me parlavano del nulla. In realtà non li ho mai studiati, ma dalle spiegazioni mi sono sempre parsi abbastanza noiosi. Gli unici filosofi che mi siano davvero piaciuti in secondo liceo sono stati Hume, nonostante fosse fastidiosissimo il suo modo di pensare, e Kant. Una persona come Kant non nasce tutti i giorni, e neanche tutti i secoli. Ne nasce uno per millennio.
Alzo lo sguardo alla mia collezione di dischi, la mia sudatissima collezione. Non sono poi così tanti, un centinaio forse, ma ognuno di quei dischi racconta una storia. Mi ricordo ogni singolo acquisto nei più minimi particolari. Mi ricordo il primo disco originale che ho comprato da solo con i miei soldi, il quarto dei Led Zeppelin datato 1971 del quale non si sa quale sia il titolo. C'è chi dice che si chiami "Untitled", chi "Led Zeppelin IV", chi "Four Symbols". Non mi preme più di tanto. In questo momento c'è qualcos'altro che attanaglia la mia mente, una sensazione fortissima alla quale debbo dare adito nella maniera più assoluta. C'è una gioiosa nostalgia che esplode nel mio cuore proprio in questo momento. Prendo il primo disco dei Rainbow del '75 e lo inserisco nello stereo. Dio come comincia bene, il riff "spaccamontagne" di Man On The Silver Mountain mi riporta a quattro anni fa. Come sto bene in questo momento, come gioisco dentro, come sono felice! Lo sto ascoltando tutto, e lo sto percependo con ogni singola parte del mio corpo. Ci sono delle canzoni che mi viene voglia di abbracciare, quelle canzoni che un tempo ascoltavo tutti i giorni e che mi facevano sentire così bene, così importante e così elitario perchè in classe mia, a parte rari casi, i massimi lidi verso cui si spingevano i compagni erano gli Oasis, i fratelli Gallagher come le colonne d'Ercole. Non sapevano cosa si perdevano quegli sciocchi, ed io ero felice che non ne avessero idea. Ero migliore di loro per questo.
Ed eccomi qua, a fumarmi la seconda sigaretta della giornata, mentre ascolto l'ultima canzone del disco. So che una volta finita la canzone dovrò tornare nel mondo reale, non ci sarà più tempo per queste piacevoli reminescenze sensoriali. Devo andare alle poste per pagare una multa, in banca per pagare una bolletta, e poi all'università per sbrigare scomode pratiche burocratiche. Quanto è noiosa la vita. Ma finchè avrò le mie sveglie felici, i miei dischi e i miei libri, le mie sigarette e il mio caffè, questa vita mi sembrerà sempre la migliore possibile.
You can't always get what you want, you can't always get what you want, you can't always get what you want, but if you try sometimes you just might find, you just might find, you get what you need .

martedì 10 novembre 2009

Un momento

Il suono di quella chitarra acustica mi faceva impazzire. Dodici corde d'amore, dodici corde di dilettantistica passione. Mio padre spesso si metteva a suonarla, seduto sul divano. Suonava e cantava, nonostante non fosse capace a fare nessuna delle due cose. A lui non importava, le faceva, e ci metteva tutto sè stesso. Cantava Guccini, De Gregori, De Andrè, e lo faceva a modo suo. Stonando, storpiando, inventando a volte le parole. Io ero piccolo, mi ricordo che mi sedevo davanti a lui e lo guardavo. La chitarra era bellissima, l'aveva comprata nel 1975. Aveva messo da parte dei soldi per comprarsi una Cinquecento. Poi la vide, bellissima, nuova di zecca. Così la comprò, la sua Ibanez dodici corde. Era così orgoglioso di quella chitarra; mi ricordo che quando io e mia sorella eravamo piccoli la nascondeva sopra la libreria perchè aveva paura che potessimo romperla.
Ecco ora mi ritorna in mente il mio vecchio, quasi per sbaglio, senza volerlo. Sono quei ricordi immagazzinati nel cervello che ogni tanto spuntano fuori senza chiedere il permesso a nessuno.
Il calore di questa casa, un tempo, si poteva percepire in un baleno. Sembra che tutto il calore di questa casa si trovasse nella sua folta barba, che nascondeva quel bellissimo sorriso che ogni tanto distoglieva lo sguardo dai suoi occhi azzurri come il cielo.
Adesso nessuno si siede davanti a me mentre provo a suonare la chitarra o il basso. Adesso ognuno ha da fare le sue cose, più o meno importanti. La casa è fredda da due anni a questa parte, e se non ci fosse il cane probabilmente sarebbe anche molto poco frequentata. Per carità, di amore ne circola tantissimo, ma le cose che ci tenevano uniti sembrano essersi dissolte, volate via assieme alla polvere in quel freddo pomeriggio di Marzo.
Ecco, mi piacerebbe per un attimo rivivere quei momenti. Mi piacerebbe vederlo suonare la sua chitarra, seduto sul divano; mi piacerebbe contemplarlo come un dio, come colui il quale mi ha dato la vita, tutto.