martedì 10 novembre 2009

Un momento

Il suono di quella chitarra acustica mi faceva impazzire. Dodici corde d'amore, dodici corde di dilettantistica passione. Mio padre spesso si metteva a suonarla, seduto sul divano. Suonava e cantava, nonostante non fosse capace a fare nessuna delle due cose. A lui non importava, le faceva, e ci metteva tutto sè stesso. Cantava Guccini, De Gregori, De Andrè, e lo faceva a modo suo. Stonando, storpiando, inventando a volte le parole. Io ero piccolo, mi ricordo che mi sedevo davanti a lui e lo guardavo. La chitarra era bellissima, l'aveva comprata nel 1975. Aveva messo da parte dei soldi per comprarsi una Cinquecento. Poi la vide, bellissima, nuova di zecca. Così la comprò, la sua Ibanez dodici corde. Era così orgoglioso di quella chitarra; mi ricordo che quando io e mia sorella eravamo piccoli la nascondeva sopra la libreria perchè aveva paura che potessimo romperla.
Ecco ora mi ritorna in mente il mio vecchio, quasi per sbaglio, senza volerlo. Sono quei ricordi immagazzinati nel cervello che ogni tanto spuntano fuori senza chiedere il permesso a nessuno.
Il calore di questa casa, un tempo, si poteva percepire in un baleno. Sembra che tutto il calore di questa casa si trovasse nella sua folta barba, che nascondeva quel bellissimo sorriso che ogni tanto distoglieva lo sguardo dai suoi occhi azzurri come il cielo.
Adesso nessuno si siede davanti a me mentre provo a suonare la chitarra o il basso. Adesso ognuno ha da fare le sue cose, più o meno importanti. La casa è fredda da due anni a questa parte, e se non ci fosse il cane probabilmente sarebbe anche molto poco frequentata. Per carità, di amore ne circola tantissimo, ma le cose che ci tenevano uniti sembrano essersi dissolte, volate via assieme alla polvere in quel freddo pomeriggio di Marzo.
Ecco, mi piacerebbe per un attimo rivivere quei momenti. Mi piacerebbe vederlo suonare la sua chitarra, seduto sul divano; mi piacerebbe contemplarlo come un dio, come colui il quale mi ha dato la vita, tutto.

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