sabato 5 dicembre 2009

Una cimice

Mancavano una ventina di minuti alle due e il sole era alto nel cielo, un cielo azzurro come di rado capita di incontrarne a Dicembre. Entrai in casa stanco, dopo aver passato una strana mattinata che aveva scombussolato il mio modo di vedere me stesso. Una mattinata in cui feci cose che non volevo fare e che, forse, non sapevo neanche di aver fatto. Dalle sei e mezzo del mattino fino alle undici meno un quarto, momento in cui attaccai a lavorare, ho vissuto la mia vita in una focalizzazione esterna, vedevo da fuori le mie azioni e non mi capacitavo del perchè le facessi. Poi, una volta entrato nella fredda acqua della piscina in cui lavoravo come istruttore di nuoto, ripresi possesso del mio corpo e della mia mente. Ecco perchè entrai in casa stanco. Questo muovermi oltre il mio corpo mi aveva reso debole come un vecchio straccio col quale si pulisce solamente il vomito del cane; per rendere linda una bella casa serve uno straccio bello, che abbia la forza di assorbire tutte le schifezze che si depositano per terra.
Aprii la porta e con mia grande sorpresa, notai che al posto della parete con i quadri davanti a me vedevo il soffitto. Il mio cane mi aveva buttato per terra con una possente musata sulle ginocchia. Mi alzai mentre il peloso animale scodinzolava come un pazzo, così contento di vedermi in quello stato penoso. Lo carezzai con le poche forze che mi rimanevano in corpo e, gettando lo zaino accanto al divano, mi diressi verso la camera, dove avrei acceso il computer.
Era lì in tutto il suo splendore, un bel computer il mio, davvero. Aveva delle buone casse, quindi ascoltarci la musica risultava davvero piacevole. Feci una scarna pressione con l'indice sul tasto dell'accensione, quando ad un tratto scorsi una piccola figura che immobile mi osservava tra i dischi sparsi alla rinfusa sulla scrivania. Una cimice. Cristo dio quella era proprio una cimice del cazzo! Una schifosissima cimice di merda, porca puttana! A me fanno schifo gli insetti, soprattutto quelli come le cimici, che puzzano da morire. Oltretutto non ho mai capito se questi malefici insetti possano volare o meno, e ciò rendeva quello schifoso ammasso di proteine ancora più orrido e disdicevole alla mia vista. Tirai fuori dal mio organismo le energie che fino ad allora erano venute a mancare e corsi in corridoio, presi l'aspirapolvere e mi diressi verso l'odiato nemico. Una volta tornato era ancora là, fermo come una statua, che spizzava con le sue finissime antennine ogni mio movimento. Accesi l'aspirapolvere, mi ero deciso a farlo risucchiare da quell'aggeggio da me sempre odiato ma ora così utile. Avvicinai la bocca dell'elettrodomestico all'insetto che, percependo forse il pericolo, si era girato di spalle. Stava tentando la fuga, e non potevo permetterglielo. L'aspirapolvere faceva il suo sporco mestiere, aspirava aria e polvere, così come delle cartine per sigarette che riposavano libere da qualsiasi cella di cartone. Ma la cimice non ne voleva sapere di farsi risucchiare, e si attaccava avidamente su qualsiasi appiglio trovasse a portata di zampetta. Riuscì per un attimo a divincolarsi e si nascose sotto un libro. Lo sollevai e tornai all'attacco con più ardore rispetto a prima. Avevo paura potesse volare, e il rischio di ritrovarmela in faccia mentre scorreggiava con le sue ghiandole puzzifere mi terrorizzava. Ma non c'era niente da fare, trovò un nuovo appiglio, questa volta si attaccò ad un guanto di lana, e non sembrò volersi staccare, neanche con la forza. Ad un certo punto ebbe un cedimento. Le zampette posteriori si sollevarono all'aria. Sì, stava per cadere, la vittoria era ad un pugno! L'aspirapolvere la stava risucchiando, ma quella con le zampette anteriori rimase attaccata al guanto di lana. Erano passati una decina di minuti da quando l'avevo vista, ed ora la battaglia stava per giungere ad un lieto epilogo, per quanto mi riguardasse. Poi, non so se ciò che sto per dire accadde davvero, mi sembrò di vederla avanzare. Staccava una zampetta per volta, e si trascinava in avanti, cercando di fuggire dal mio strumento di morte.
Si può essere così attaccati alla vita nonostante si viva nei panni di una cimice, il più schifoso e puzzolente insetto della Terra? Cosa cazzo stavo combinando? Stavo per uccidere una creatura minuscola, insignificante, della quale non mi interessava nulla, e alla quale non interessava nulla di me. Perchè mi stavo comportando in quel modo? Mi sentii un mostro, un vile, il presidente degli Stati Uniti d'America. Spensi l'aspirapolvere, e vidi la cimice cadere sul guanto. Una frazione di secondo in più e sarebbe stata risucchiata, sarebbe morta. Mi fermai a guardarla: stava ferma sul guanto, stremata, ma viva. Era viva, e sembrava che avesse il fiatone, sembrava tremasse. Mi sentii in dovere di scusarmi con lei, e la lasciai riposare. Poi, dopo un minuto, cominciò a muoversi, e si nascose tra i miei dischi e i miei libri e le mie cartacce. Da allora non vidi più quella cimice.

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